Grande trono intagliato e dorato. Quattro gambe mosse raccordate da crociera reggono la seduta con schienale sagomato e braccioli mossi; tutta la superficie è intagliata con motivi architettonici, floreali e a “rocaille”, alternate da riserve lavorate a bulino; coppie di cariatidi intagliate con putti decorano le gambe frontali e lo schienale, sulla sommità è posto il corno dogale intagliato con raffinati ricami. Lo schienale e la seduta sono imbottiti e rivestiti di pelle lavorata, dorata e dipinta con volute e uccelli, al cui centro è posto uno stemma su campo azzurro diviso da fascia rossa con tre gigli dorati e nella parte alta una stella a otto raggi.
La poltrona in esame è una copia realizzata nella seconda metà dell’ottocento, che prende a modello un importante finimento già Donà delle Rose, oggi in parte presente a Cà Rezzonico, Venezia. Il finimento originale, la cui poltrona fu pubblicata ripetutamente nei testi della produzione veneta, ha una storia attributiva che fu sciolta finalmente da Alvar Gonzalez-Palacios né “Il tempio del gusto”. Nella seconda metà del XIX secolo diversi intagliatori in Venezia si dedicano a riproposizioni di arredi settecenteschi, il più famoso fu senz’altro Valentino Panciera Besarel (1829-1902).
Fu intagliatore d’indiscussa capacità già ai suoi tempi, tanto vero che era richiesto dalle famiglie più importanti e dalla stessa Regina Margherita, che nel 1888 gli commissionò un finimento ispirato alle produzioni di Brustolon. L’arredo, che comprende poltrone e tavoli, è oggi al Palazzo del Quirinale ed è un evidente omaggio al finimento Venier, oggi conservato a Cà Rezzonico. Per la casa reale fu ingaggiato anche per il Palazzo di Monza, ma le commesse di mobili da quel momento in poi furono parecchie; egli partecipò con dei mobili e poltrone, sempre nel 1888, anche all’Exposicion Universal de Barcelona.
Non avendo documenti o firme visibili sulla poltrona in esame non è possibile attribuirla con certezza alla produzione del Besarel, ma ci sembra che ad oggi non vi sia ipotesi più credibile. Dovrebbe nel caso senz’altro trattarsi di una realizzazione fatta nella scia delle produzioni ora al Quirinale e quindi nell’ultimo decennio del secolo diciannovesimo.
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