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Jefte e la figlia, Girolamo Forabosco e aiuti, XVII secolo

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Descrizione

Il dipinto rappresenta Jefte e la figlia, due personaggi biblici veterotestamentari. La ragazza è raffigurata di profilo, vestita con l’abbigliamento di una dama veneziana del XVII secolo: il vestito scollato, stretto in vita da una cintura dorata e dalle maniche vaporose; i capelli biondi raccolti e intrecciati con fili di perle, alle orecchie orecchini pendenti. Con una mano si porta al volto una stoffa, per asciugarsi le lacrime, mentre con l’altra trattiene la mano del padre. Jefte indossa invece un’armatura, sul braccio destro è appoggiato un pesante mantello rosso e sembra indicare fuori dal quadro; l’espressione sofferente.

Come indica Ludovica Trezzani nella perizia da lei redatta, il dipinto costituisce una replica, leggermente differente nelle dimensioni e per l’inquadratura ravvicinata, di una composizione di Girolamo Forabosco.

Del dipinto originale è oramai attestata la provenienza dalla collezione del Conte Czernin, ambasciatore imperiale e collezionista presente a Venezia dal 1660 al 1663. Il soggetto è stato però in passato sciolto come una raffigurazione di Angelica e Medoro, protagonisti del poema ariostesco, derivando questa interpretazione da una nota presente nell’inventario della collezione dell’ambasciatore.

In realtà i due personaggi sarebbero, più verosimilmente, Jefte e la figlia. Analizzando i documenti relativi alle collezioni veneziane tra sei e settecento, in merito alle citazioni delle opere di Forabosco ricorre infatti più volte tale soggetto veterotestamentario. Tra le diverse occorrenze, questo tema in particolare è descritto in un documento d’acquisto di Donato Correggio, collezionista veneziano e protettore dell’artista, corrispondendo in modo puntuale alle raffigurazioni note.

Certamente non il caso di questa collezione, ma nei documenti che attestano le opere del nostro in altre raccolte, emerge come spesso egli si avvalesse dell’aiuto della sua bottega per licenziare queste invenzioni. Tale modalità di lavoro è quella che fu impiegata anche per l’opera in esame, più riuscita in alcuni passaggi rispetto ad altri, dunque eseguita nella sua bottega, in parte con il suo intervento diretto.

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