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Coppia di Satiri, Roma inizi XVIII Secolo

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Descrizione

Due volute architettoniche, composte da riccioli sovrapposti, fungono da sedute per due satiri piegati e tesi nello sforzo di reggere un piano oltre il quale volgono lo sguardo, attraverso la torsione del collo che accentua il dinamismo dello sforzo. Ad ammorbidire il peso tra il braccio e la spalla vi è un cespo di
foglie. Nascono in legno di tiglio intagliati e interamente dorati su tutta la superficie.

Queste due sculture raffiguranti dei satiri con ogni probabilità nascono come parte di un apparato scultoreo o di un arredo. Non presentano segni di tagli o riduzione mentre sono realizzate per fungere da appoggio sul capo e sull’avambraccio destro ripiegato sulla spalla. Si tratta inoltre di due figure simmetriche e non contrapposte. L’analisi di questi aspetti ci spinge ad ipotizzare che fossero elementi di sostegno di una coppia di consolle rette da due o quattro satiri contrapposti, poi separati in elementi diversi.
Il tipo di scultura rientra nel filone del più maturo gusto barocco che si esprime sull’onda delle ideazioni di Gian Lorenzo Bernini verso la fine del XVII sec e gli inizi del XVIII. Si passa dagli arredi del primo periodo, dove la composizione è dominata da elementi vegetali e architettonici, alla realizzazione di grandi apparati dove la figura mitologica o umana, con caratteri di grande dinamismo, diventa molto presente. Sculture utilizzate non solo per tavoli e arredi, ma anche per apparati ecclesiastici come cori o altari e addirittura nelle carrozze di rappresentanza.

Di quegli anni sono i disegni dell’intagliatore Filippo Passarini, editi nelle Nuove inventioni di ornamenti…, (Roma, 1698), raffiguranti alcune proposte di consolle e specchiere ( fig. 1). Pochi anni dopo, nel 1714, nel repertorio Disegni diversi…. dell’argentiere Giovanni Giardini troviamo ancora idee di tavoli dove domina, come sostegno, la scultura di figura. In una di queste invenzioni sono proprio due satiri poggianti su volute a reggere il piano in marmo ( fig.2). Sempre a cavallo tra i due secoli è datata la realizzazione dei grandi tavoli della Galleria di Palazzo Colonna a Roma, considerato il più grande esempio di questa produzione barocca. Sono questi indubbiamente gli anni di realizzazione di queste due sculture.

Quando si parla del barocco Romano non possiamo dimenticare che in realtà tutta la penisola è influenzata da questo linguaggio. Si può osservare questa influenza stilistica sia negli esempi di Giacomo Amato e Antonio Grano a Palermo che nelle sculture di Andrea Brustolon a Venezia, dove con influenze locali viene trasferita la lezione berniniana. Molto più aderenti alla produzione originale sono le città dello Stato Pontificio ma anche Firenze e soprattutto Genova grazie alla presenza di Filippo Parodi. Questi trascorse gli anni della sua formazione nelle botteghe berniniane e portò nella città natale quanto appreso influenzando il gusto ligure. Nell’analisi di questi satiri abbiamo temporeggiato sulla scelta di provenienza proprio nel confronto con alcune realizzazioni liguri.

Elementi dirimenti nell’indicare la paternità romana di queste opere, sono da una parte la presenza di quei grandi motivi architettonici di appoggio, tipicamente romani, molto liberi e dal tratto netto, dall’altra la scelta del soggetto, il fauno. Come testimoniato dai disegni citati il fauno è molto presente nel repertorio romano e meno a Genova, dove la figura mitologica di riferimento è il tritone, per gli evidenti riferimenti al mare. Non è di aiuto nella scelta uno degli elementi più belli di queste sculture , la dinamicità della torsione, che troviamo ad esempio sia nelle figure dei tavoli della galleria Colonna che nei tritoni reggi torciere di Palazzo del Principe di Genova, attribuiti a Filippo Parodi.

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